Era allora Ippolyto Cardinale de' Medici innamorato della Signora Giulia da Gonzaga, la quale si ritrovava in Fondi, per il che come desideroso d'averne un ritratto, mandò fra' Sebastiano a Fondi per questo, che fu accompagnato da quattro cavalli leggeri. Et egli in termine d'un mese fece il ritratto che, venendo da le bellezze di quella signora ch'erano celesti, riuscí una pittura divina; la quale opera portata a Roma, furono grandemente riconosciute le fatiche di fra' Sebastiano dal reverendissimo cardinale, che aveva in ciò giudicio grandissimo. Questo ritratto veramente di quanti egli ne fece, fu il piú divino, venendo ciò dal suggetto di lei e da le fatiche di lui.
Aveva cominciato un novo modo di colorire in pietra, la qual novità piaceva molto a' popoli, considerando che tali pitture diventassero eterne, cosí dette da fra' Sebastiano, né che il fuoco o tarli gli potessero nuocere. E cosí infinite cose cominciò in queste pietre, le quali faceva ricignere di ornamenti di altre pietre mischie belle, le quali lustrandole erano una maraviglia, ma, finite, non si potevano né le pitture né l'ornamento per il peso movere. E cosí con questa cosa molti principi, tirati dalla novità della cosa e dalla vaghezza dell'arte, gli davano arre di danari, ché facesse opere per essi, delle quali egli piú si dilettava di ragionare che di farle. Fece una Pietà con Cristo morto e la Nostra Donna in una pietra per Don Ferrante Gonzaga, il quale la mandò in Spagna con ornamento di pietra, che fu tenuta cosa molto bella, della quale cavò egli cinquecento scudi, che M Nino da Cortona agente dal Cardinale di Mantova in Roma gli donò.
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