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      Teneva di continuo Michele Agnolo la chiave di questo loco, e molto piú sollecito che gli altri in tutte le sue azzioni, e con viva fierezza sempre pronto si mostrava.
      Disegnò molti mesi nel Carmino alle pitture di Masaccio, dove con tanto giudicio quelle opere ritraeva, che ne stupivano gli artefici e gli altri uomini, , di maniera che gli cresceva l'invidia insieme col nome. Dicesi che, avendo il Torrigiano contratto seco amicizia e scherzando, mosso da invidia di vederlo piú onorato di lui e piú valente nell'arte, con tanta amorevolezza gli percosse d'un pugno il naso, che rotto e schiacciatolo di mala sorte lo segnò per sempre. Lavorò costui un fanciullo di marmo in una stanza, che lo comperò poi Baldessarre de 'l Milanese, dove, contrafacendo la maniera antica, fu portato a Roma e sotterrato in una vigna, onde cavatosi e tenuto per antico, fu venduto gran prezzo. Conobbe Michele Agnolo nel suo andare a Roma ch'egli era di sua mano, benché difficilmente ogni altro lo credesse.
      Fece il Crocifisso di legno, ch'è in Santo Spirito di Fiorenza, posto ancora sopra il mezzo tondo dello altar maggiore. E pure in Fiorenza, nel palazzo de gli Strozzi, fece uno Ercole di marmo che fu stimato cosa mirabile, il quale fu poi da Giovan Batista della Palla condotto in Francia. Dipinse nella maniera antica una tavola a tempera d'un San Francesco con le stimite, che è locato a man sinistra nella prima cappella di San Piero a Montorio in Roma. Venne volontà ad Agnolo Doni, cittadino fiorentino amico suo, sí come quello che molto si dilettava aver cose belle, cosí d'antichi come di moderni artefici, d'avere alcuna cosa di mano di Michele Agnolo, perché gli cominciò un tondo di pittura ch'è dentrovi una Nostra Donna, la quale, inginocchiata con amendua le gambe, alza in su le braccia un putto e porgelo a Giuseppo che lo riceve.


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Le vite de' più eccellenti architetti pittori et scultori italiani da Cimabue insino a' tempi nostri.
di Giorgio Vasari
1550 pagine 1014

   





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