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      Dove Michele Agnolo fa conoscere, nello svoltare della testa della madre di Cristo e nel tenere gli occhi fissi nella somma bellezza del Figliuolo, la maravigliosa sua contentezza e lo affetto del farne parte a quel santissimo vecchio. Il quale con pari amore, tenerezza e reveren,zia lo piglia, come benissimo si scorge nel volto suo, senza molto considerarlo. Né bastando questo a Michele Agnolo per mostrar maggiormente l'arte sua esser grandissima, fece nel campo di questa opera molti ignudi appoggiati, ritti et a sedere; e con tanta diligenzia e pulitezza lavorò questa opera, che certamente delle sue pitture in tavola, ancora che poche siano, è tenuta la piú finita e la piú bella che si truovi. Finita che ella fu, la mandò a casa Agnolo coperta e, per un mandato con essa con una polizza, chiedeva settanta ducati per suo pagamento. Parve strano ad Agnolo, che era assegnata persona, spendere tanto in una pittura, se bene e' conosceva che piú valesse, e disse al mandato che bastavano XL e gliene diede, onde Michele Agnolo gli rimandò in dietro, mandandogli a dire che cento ducati o la pittura gli rimandasse in dietro. Per il che Agnolo, a cui l'opera piaceva, disse: "Io gli darò quei LXX"; et egli non fu contento, anzi per la poca fede d'Agnolo ne volle il doppio di quel che la prima volta ne aveva chiesto, per il che se Agnolo volse la pittura, fu sforzato mandargli CXL ducati.
      Vennegli volontà di trasferirsi a Roma, per le maraviglie ch'udiva de gli antichi, per che quivi giunto, fece nella casa de' Galli, dirimpetto al palazzo di San Giorgio, un Bacco di marmo, maggior ch'el vivo, con un satiro attorno, nel quale si conosce che egli ha voluto tenere una certa mistione di membra maravigliose, e particularmente avergli dato la sveltezza della gioventú del maschio e la carnosità e tondezza della femmina: cosa tanto mirabile, che nelle statue mostrò essere eccellente piú d'ogni altro moderno, il quale fino allora avesse lavorato.


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Le vite de' più eccellenti architetti pittori et scultori italiani da Cimabue insino a' tempi nostri.
di Giorgio Vasari
1550 pagine 1014

   





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