E certo che a vedere e' sono piú tosto cosa divina che umana.
Era talmente la fama di Michele Agnolo per la Pietà fatta, per il gigante di Fiorenza e per il cartone nota, che Giulio II Pontefice deliberò fargli fare la sepoltura e, fattolo venire di Fio,renza, fu a parlamento con esso e stabilirono insieme di fare una opera per memoria del papa e per testimonio della virtú di Michele Agnolo, la quale di bellezza, di superbia e d'invenzione passasse ogni antica imperiale sepoltura. La quale egli con grande animo cominciò, et andò a Carrara a cavar marmi e quegli a Fiorenza et a Roma condusse; e per tal cosa fece un modello tutto pieno di figure et addorno di cose difficili. E perché tale opera da ogni banda si potesse vedere, la cominciò isolata, e della opera del quadro, delle cornici e simili, ciò è dell'architettura de gli ornamenti, la quarta parte con sollecitudine finita. Cominciò in questo mezzo alcune Vittorie ignude, che hanno sotto prigioni, et infinite provincie legate ad alcuni termini di marmo, i quali vi andavano per reggimento; e ne abbozzò una parte figurando i prigioni in varie attitudini a quelli legati, de i quali ancora sono a Roma in casa sua per finiti quattro prigioni. E similmente finí un Moisè di cinque braccia di marmo, alla quale statua non sarà mai cosa moderna alcuna che possa arrivare di bellezza, e de le antiche ancora si può dire il medesimo, avvenga che egli con gravissima attitudine sedendo, posa un braccio in su le tavole che egli tiene con una mano e con l'altra si tiene la barba, la quale nel marmo svellata e lunga, condotta di sorte, che i capegli, dove ha tanta difficultà la scultura, son condotti sottilissimamente piumosi, morbidi e sfilati d'una maniera, che pare impossibile che il ferro sia diventato pennello; et inoltre alla bellezza della faccia, che ha certo aria di vero santo e terribilissimo principe, pare che mentre lo guardi abbia voglia di chiederli il velo per coprirgli la faccia, tanto splendida e tanto lucida appare altrui.
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