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      Era Papa Giulio molto desideroso di vedere le imprese che faceva, per il che di questa che gli era nascosa venne in grandissimo desiderio; onde volse un giorno andare a vederla e non gli fu aperto, che Michele Agnolo non avrebbe voluto mostrarla. Per la qual cosa il papa, a cui di continuo cresceva la voglia, aveva tentati piú mezzi, di maniera che Michele Agnolo di tal cosa stava in grandissima gelosia, e dubitava molto ch'al,cuni manovali o suoi garzoni non lo tradissero, corrotti dal premio, come e' fecero. E per assicurarsi de' suoi, comandandoli che a nessuno aprissero se ben fosse il papa, et essi promettendogliene, finse che voleva stare alcuni dí fuor di Roma e, replicato il comandamento, lasciò loro la chiave. Ma partito da essi, si serrò nella cappella al lavoro, onde subitamente fu fatto ciò intendere al papa, perché, essendo fuori Michele Agnolo, pareva loro tempo comodo che Sua Santità venisse a piacer suo, aspettandone una bonissima mancia. Il papa, andato per entrar nella cappella, fu il primo che la testa ponesse dentro, et appena ebbe fatto un passo, che da l'ultimo ponte su 'l primo palco cominciò Michele Agnolo a gettar tavole. Per il che il papa vedutolo e, sapendo la natura sua, con non meno collera che paura, si mise in fuga minacciandolo molto. Michele Agnolo per una finestra della cappella si partí e, trovato Bramante da Urbino, gli lasciò la chiave dell'Opera, et in poste se ne tornò a Fiorenza, pensando che Bramante rappaceficasse il papa, parendogli invero aver fatto male.


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Le vite de' più eccellenti architetti pittori et scultori italiani da Cimabue insino a' tempi nostri.
di Giorgio Vasari
1550 pagine 1014

   





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