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      Imperocchè qui il popolo, geloso di sua libertà, ricusava il giuramento d’ubbidienza a Federico II; qui, armata mano, eleggeva a primo suo doge quel Simon Boccanegra cui la patrizia viltà indi a poco dava morte; qui rogavasi l’atto onde Giacomo re di Gerusalemme e di Cipro, passato dal carcere al soglio, si rendeva tributario de’ Genovesi dai quali riceveva lo scettro; qui fra la pompa d’un immenso popolo accolto un augusto Vegliardo prendeva dalla destra del doge il vessillo maggiore della Repubblica per condurre nella rubelle Corsica, soccorsa invano da Francia, le galee genovesi; e la croce vermiglia in campo d’argento, già riverita in ogni lido, nelle mani del decrepito ma generoso Andrea Doria fu ancor vincitrice. - Illustre per antiche memorie, infame per atroci delitti, ecco il tempio di San Giovanni di Prè, le cui marmoree colonne, il peregrino campanile, le ricche finestre accusano i secoli delle crociate. A tarda notte quando tace ogni lume di stella, quando il mare procelloso rompe sordamente al lido, echeggia per queste funebri arcate un lungo ululato, uno strido di catene, ed il volgo atterrito lo crede il lamento di cinque illustri infelici che quivi furono ad un tempo strozzati. Narrano concordemente gli storici che, quando Urbano VI, stretto d’ossidione in Nocera da re Carlo di Napoli fu salvo per opera de’ Genovesi, seco recasse tra’ ferri in questa città, fra gli altri molti, sei cardinali sospetti di fellonia. I quali, lacere le vesti, squallidi pei durati martirî, furono ivi tratti al cospetto dell’irato Pontefice.


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Balilla
La cacciata degli austriaci da Genova (1746)
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1865 pagine 131

   





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