Invano sacramentarono la loro innocenza, invano lo disfidarono al giudizio di Dio, un solo andò salvo a petizione degli Inglesi primati: gli altri tutti fece il papa occultamente strozzare in prigione, o secondo altri, rinchiusi in cinque sacchi furono lanciati in balia dei flutti. - Ecco la chiesa di Carignano dall’eccelse sue cupole; quella dell’Annunciata, opera di una famiglia di re, decorata d’ogni più bel fregio d’arte; quella di San Matteo ove fremono le ossa del grande repubblicano; quella dei Servi, dai pregiati dipinti; quella della Consolazione ed altre molte sacre a Maria, protettrice del popolo. - Ecco il celebrato Faro; la torre di quell’Embriaco cui si dovette in gran parte la presa di Gerusalemme; l’Albergo dei poveri, opera di tre nobili artisti, ove i fortunati pezzenti sono i soli signori di sì magnifica reggia; ecco il bastione di Pietraminuta, testimonio di quanto possa l’ardore popolare. - Ecco gli ampî palagi, ove un giorno sobbollivano le più generose passioni, e che nome immortale diedero ai suoi artefici, i quali, scaldati al fuoco dei grandi geni, crearono la corona delle arti e ne cinsero Genova. Ciò che Sansovino a Venezia, fu a Genova il perugino Galeazzo Alessio, discepolo di Michelangelo. - Ecco l’ampio ospedale dalle cento sue statue; l’infermità può qui dimenticare la prima salute: il dolore non ebbe mai stanze più belle nei palagi di re. - Ecco i pensili giardini, i declivi erbosi dell’irrigua Polcevera, i ridenti poggi d’Albaro, il famoso acquedotto che levò al cielo il nome di Marin Boccanegra, l’Arnolfo di Genova.
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Balilla
La cacciata degli austriaci da Genova (1746)
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano 1865
pagine 131 |
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