In caso contrario minacciavano l’esecuzione militare, non rendendosi garanti di quanto potesse in città accadere per parte delle soldatesche sguinzagliate.
Non soltanto que’ due inumani uomini si alzavano su colle acerbe domande per pagare e pascere l’esercito, ma benanco per procacciare ogni fornimento necessario alla spedizione che intendevano di fare contro la Provenza e contro Napoli.
Invano i deputati pregarono Chotek divenisse più umano; invano il pregarono a non voler la rovina della città, ad accontentarsi di una minore somma, od almeno a dare respiro sufficiente per trovarla. Volle la somma intera, accordando soltanto un breve indugio.
Il Senato, oppresso da una ferrea necessità, prese una risoluzione insolita e spaventosa, e fu di por mano nel sacro deposito di san Giorgio, dov’erano i capitali, non dello Stato, ma di uomini particolari, i quali, avendo fede in Genova, là avevanli investiti, mai immaginando, fra avvenimenti possibili di quaggiù, una irruenza di Austriaci, noti per la loro fame degli altrui averi. Si fecero i sacchi, si aprirono le porte, si caricarono le some, e l’illibato denaro fu portato all’avidissimo Chotek. Ei ne gongolava tutto per la gioia; ma i Genovesi ebbero a provarne sommo dolore; molti avrebbero desiderato di non essere mai venuti al mondo anzichè vedere quel denaro cadere in mani austriache.
I barbari nordici aspettavano senza remissione il tempo prefisso per l’estinzione delle altre due rate. Nè cessavano con tutto questo le domande del Botta per nuovi attrezzi militari, nè le molestie dei soldati contro li cittadini, cui per la più frivola cagione, e talfiata senza cagione veruna, disonestamente bistrattavano così fuori, come nelle case.
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Balilla
La cacciata degli austriaci da Genova (1746)
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano 1865
pagine 131 |
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