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      Quei passaporti si davano in apparenza gratis, ma in sostanza no; chè anzi costavano grassi beveraggi.
      In mezzo a congerie tale di danni e di disastri e sul timore di maggiori, avevano i cittadini concepito tanto terrore, che, dimentichi della patria e forse di loro medesimi, abbandonavano le proprie case e l’antica sede delle proprie famiglie, si dannavano all’esilio volontario, e andavano cercando se nel mondo fosse qualche regione in cui ancora si pregiasse il giusto e l’onesto, e trovasse la sventura compassionevoli cuori. Molti dei principali negozianti erano già partiti, già partivano alcuni dei primari patrizi, portando seco quanto di prezioso era asportabile. Nasceva il pericolo che, seguitandone altri l’esempio, si venisse finalmente a tale da mancare nel minore consiglio il numero dei suffragi necessario per andare a partito e fare le deliberazioni; cosa che sarebbe riuscita di totale esterminio in tanta necessità di provvisioni subite ed importanti. Con una legge si ordinò agli annoverati nel minor consiglio a non scostarsi per un anno dalla città o dalle vicinanze sotto pena del pagamento d’una multa di quattromila scudi d’oro e di essere mandati a confine per dieci anni.
     
      VI.
     
      Mentre Genova era in preda alle surriferite sciagure, nelle riviere andava pur precipitando il suo Stato. I Piemontesi, guidati dal conte della Rocca, si erano già avanzati nella riviera di ponente, avevano presa la città di Savona, solo rimanendo in potere della Repubblica il castello, alla cui custodia era Agostino Adorno, nobile per lignaggio ed ancor più per valore.


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Balilla
La cacciata degli austriaci da Genova (1746)
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1865 pagine 131

   





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