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      Al periglioso sacrificio furono scelti ed a Milano mandati, Giannicolò Santi e Carlogrillo Cattaneo, senatori, Giambernardo Veneroso e Negrone Rivola, patrizi.
      Nel colmo di tanti affanni giungeva in Genova un conte Cristiani, gran cancelliere di Milano. Nato suddito della Repubblica, scritto nel libro d’oro, il suo arrivo diede qualche speranza a chi già più non ne aveva. Ma non più tenero verso la patria che il Botta, veniva egli a molesto cómpito. Non si tosto in Genova, egli stabiliva un ufficio di posta per Milano e paesi austriaci, non si fidando delle poste genovesi. Una rappresentanza della città si presentava a lui, raccomandandogli che sospendesse quell’istituzione. Rispondeva il cancelliere che non poteva nulla, e se ne partiva colle sue tasche e le sue bolgette.
      Infrattanto lo spietato generale Botta andava sempre più aggravando la mano sulla sventurata Repubblica. Nè meglio rispettava la sua sovranità che la possibilità del pagare. Sforzava i magistrati a mettere in libertà i figli di un tal Domenico Rivarola, ladro e ribelle, il quale incitava allora a ribellione la Corsica ad istigazione di Carlo Emanuele. Questo re non si vergognava di servirsi di quell’impuro e vile uomo per turbare alla Repubblica lo Stato quieto in quell’Isola.
      L’aspetto di Genova mostravasi squallidissimo; ad ogni momento grida d’uomini tormentati da crudeli aguzzini sorgevano ora in questa, ora in quella via; le botteghe si chiudevano per paura, per violenza si aprivano; i generali, gli uffiziali, gli stessi gregari usavano verso i cittadini asprezze sopra ogni credere, i più barbari trattamenti.


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Balilla
La cacciata degli austriaci da Genova (1746)
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1865 pagine 131

   





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