Balilla, salito sopra al mortaio, alzando le sue braccia bianche di giovinezza, gridò: «— Animo, animo, fratelli! a palazzo, a palazzo, a prender armi.»
« — A palazzo, a palazzo! andiamo a prender l’armi, andiamo!» rispose ad alta voce il popolo.
« — Viva Maria santissima!»
« — Armi, armi»
Se Tomaso di Aquino fosse stato al mondo e lì presente, avrebbe al certo confermate le parole scritte nel suo libro: «Quando il popolo si leva in massa è Iddio che lo chiama.»
Pigmei dell’umanità, tisici e paurosi intelletti, contemplate questi sublimi impeti del popolo e poi negate, se vi basta l’animo, la vita che anima questo grande essere collettivo. Che ponno mai i teoremi di gabinetto, i calcoli, con cui presumete confinare il mondo dentro alle brevi angustie del vostro cranio, di fronte a quel Briareo dalle mille braccia, a quell’Idra dai mille capi e dalle mille bocche, a quelle mille menti concepenti un solo pensiero, a quelle mille bocche levanti un concorde grido di guerra, a quelle mille mani pronte a combattere? Come l’immenso Oceano prova la vanità dell’umana potenza, così l’irresistibile onda del popolo prova la debolezza dei troni. Stolto chi crede infrenare l’impeto del popolo. Non v’ha diga che il possa. Simile alla bufera imperversante del mare, passa, e scettri e troni, imperatori e re, tutto travvolge sotto di sè e precipita.
Annottava; la pioggia si era messa a cadere a secchie; non per questo il popolo di Portoria si ristette. Calò pel borgo dei Laneri, per la via dei Servi, per la piazza del Molo, e, qual valanga che più s’ingrossa precipitando, ad ogni passo raccoglieva furia di gente simile a sè: garzoni da taverna, pattumai, ciabattini, pescivendoli, fruttaiuoli, fognai, facchini, da formare una considerevole folla.
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Balilla
La cacciata degli austriaci da Genova (1746)
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano 1865
pagine 131 |
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