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      Dalla prima infestava coi cannoni la strada di Prè, dalla seconda l’Acquaverde e la via Balbi. Aveva anco richiamate in Genova le genti che teneva sguinzagliate nelle riviere, ed in Novi ed in Varone, e alcune di quelle che erano in viaggio per la Provenza per averle tutte ad ogni emergenza pronte.
      Prevalendosi poi la notte del giorno sette d’un po’ di riposo preso dal popolo, occupava la commenda di San Giovanni di Prè, posta nella via dello stesso nome, e vi si fortificava.
      Chi dava molto a temere al generale austriaco erano gli abitanti delle valli di Bisagno e di Polcevera, uomini belligeri e deditissimi alla Repubblica. Spediva colà tostamente un proclama colla parola imperiale di non più esigere i due milioni di fresco intimati, e di sgravarli da ogni peso di guerra, purchè facessero promessa di non prender parte al moto della città e di fedelmente obbedire alla regina. Oltre a ciò instava presso la Signorìa affinchè per ridurre i Genovesi all’obbedienza ordinasse ai soldati regolori di assalire gli insorti alle spalle, mentre le genti austriache li urterebbero di fronte, dal qual movimento egli teneva certa la vittoria. Più volte avevano i padri ricusato all’instare del Botta, e per troncare molestia gli fecero alfine risolutamente capire, che non mai la Repubblica avrebbe acconsentito di volgere contro i propri sudditi quelle armi che soltanto alla tutela dei medesimi erano destinate. Risposta lodevole, ma sarebbe ancora stata migliore, se avessero comandato ai propri soldati: «Ite, al popolo unitevi, e i tiranni della patria sperperate.


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Balilla
La cacciata degli austriaci da Genova (1746)
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1865 pagine 131

   





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