Quartiere a quartiere ciascuno si accoppiava secondo le sue insegne, con tale ordine e con maestria tale che piuttosto che uomini dati agli esercizi civili sembravano soldati da molto tempo instrutti ed avvezzi alle militari fazioni.
Popolo e cittadini presero consiglio di spedire squadriglie armate ai posti tenuti dai soldati della Repubblica, i quali, fermi pel divieto della Signorìa, oziosamente guardavano i propri concittadini a combattere per la comune patria. Ne gettarono a terra le porte, infransero i rastelli, entrarono dentro a furia. — «Soldati, sclamarono, soldati; il suolo genovese tutto trema dal cannone; ne vanno le vite dei vostri fratelli; la servitù sta sulla soglia, e voi qui ve ne rimanete oziando, rattenuti da un timido, se non empio comando. Forse pei signori solamente, non per tutta Genova deste i nomi? Su, su; mano a quelle armi, che soggiogarono Tortona, Bassignana, Zuccarello; su, dimostrate combattendo per queste sante mura, che siete i medesimi in patria, che foste sulle terre straniere.» — In così parlare li sforzarono a marciare ai posti divisati.
Fra le grida, il calpestìo, gli scoppi degli archibugi, il rombare ed il rimbombare dei cannoni e delle campane, trascorrendo l’infierita moltitudine le vie Balbi, di Prè, di Sottoriva, s’avviava verso alla porta a San Tomaso e all’altura dei Filippini da cui il nemico fulminava in via Balbi. Agli insorti era obice il corpo austriaco alloggiato alla commenda di San Giovanni, posta a mezza strada dai luoghi in cui intendevano di andare a ferire.
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Balilla
La cacciata degli austriaci da Genova (1746)
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano 1865
pagine 131 |
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