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      Qual fosse l’aspetto del nemico fuggente può adequatamente giudicarlo i nostri lettori. Il Botta non sapeva darsi pace per l’orgoglio, il Chotek per l’avarizia. Sospiravano il perduto onore, ma più di tutto le perdute genovine. Andando, temevano sempre di essere danneggiati da qualche levata di villani. Per ovviare a quel pericolo sparsero voce che ogni differenza era stata accomodata colla Repubblica, e che partivano in buona pace per tornare negli Stati della loro padrona e sovrana, divenuta amica di Genova. Ingannate da tali voci quelle alpestri popolazioni, e dai danari che gli ufficiali donavano loro, e di più assecondati da un Carlo Casale, detto il Bachelippa, mulattiere di professione, poi impresario dei viveri pegli Austriaci, il quale fu in Genova arrestato per questo fatto, i nemici poterono condursi a salvamento sino alla Bocchetta. Solamente verso la fine della ritirata, accortisi dell’inganno, i Polceveraschi diedero addosso in Pontedecimo ad un corpo di retroguardia, e gli tolsero il danaro rapito ai Genovesi.
      Gli Austriaci non fecero sosta che oltre Gavi non riputandosi sicuri neppure alla Bocchetta.
      La notte che successe al glorioso giorno dieci i popolani diedero ogni buon ordine in città. Intimarono a suon di tamburo che si tenessero lumi accesi alle finestre, che tutte le case dovessero rimanere aperte; minacciarono la pena della forca a chi avesse fatto il minimo rubamento. Il giorno 11 poi si spinsero fino a San Pier d’Arena, dove non dubitavano che gli Austriaci andandosene, avrebbero per la gran fretta lasciato molto bagaglio.


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Balilla
La cacciata degli austriaci da Genova (1746)
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1865 pagine 131

   





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