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      Genova fu salva, e la sua salvezza dovette al patrizio Giacomo Lomellini, del cui nome con onore mai sempre parleranno le storie. Il nome di Lomellini non andrà disgiunto da quello del giovane Desilles, il quale, in sul principio della rivoluzione francese, in Nanci, con atto simile e per la medesima cagione, sè medesimo votò alla patria, e pervenne lo spargimento di sangue cittadino.
     
      XIV.
     
      La divisione dei capi del popolo, la cupidità di alcuni di loro col convertire in uso proprio ciò che era del pubblico, coll’appropriarsi parte maggiore di bottino di quella che a loro spettasse, l’amore del saccheggio mostrato dalla plebe, anco in occasione dell’ultimo tafferuglio, tutto concorreva a screditare affatto la loro parte. I più savi fra i popolani capivano poi come Genova per sostenere la libertà con tanta fatica e tanto sangue riacquistata, d’uopo avesse dei principi forestieri, i quali mai certo avrebbero acconsentito trattare con un reggimento tumultuario, variabile, non mai sicuro delle proprie deliberazioni. Da ciò nacque la necessità di rimettere in piena azione l’antico governo, conosciuto dai principi, ad essi spirante fiducia. Onde il doge ed i collegi in uno cogli altri magistrati tornarono nell’esercizio delle loro cariche, negoziarono colle estere potenze, amministrarono la giustizia, elessero i magistrati, regolarono le rendite pubbliche. Al quartiere generale del popolo non rimase che una certa sovraintendenza sulle militari faccende, e più per animare che per indirizzare, essendosi le milizie, come per lo passato, sottomesse all’autorità del sergente generale della Repubblica.


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Balilla
La cacciata degli austriaci da Genova (1746)
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1865 pagine 131

   





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