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      Ma l’Austriaco del divin Maestro non segue già le dottrine, sibbene quelle del Papa, e come questo della religione fa istrumento di barbarie e di dispotismo.
      Un colonnello austriaco, un tal Franquin, uomo più che bestiale, vera bestia, dopo tante immanità commesse da non ridire, fe’ a Sestri evirare un cappuccino, perché il meschino frate non aveva saputo appuntino ragguagliarlo dello Stato di Genova. Ma il castigo di Dio non doveva tardare a colpire l’inumano uomo; chè, tirando gli Italiani coi cannoni dal poggio di Belvedere contro gli Austriaci alloggiati all’Incoronata, una palla vendicatrice lo percosse nel petto, e lo stramazzò cadavere nel fango.
     
      XVI.
     
      Infrattanto che i fatti suaccennati accadevano, venivano giungendo mano mano intorno a Genova manipoli di soldati piemontesi, i quali si mettevano a campo cogli austriaci. Schulembourg assai si doleva del modo rilento impiegato da Carlo Emanuele nello spedirgli non solo i suoi, ma benanco le provvigioni di cui tanto abbisognava. Non è che quel re sentisse rimorso di dare aiuto allo straniero per debellare una città italiana. Egli oltre al temere l’eccessiva potenza di Vienna in Italia ove di Genova s’impadronisse, provava dispetto per non essere stato messo a parte del bottino di Piacenza, come aveva con istanza domandato.
      Il generale austriaco che non ignorava come alla sua Imperatrice stesse a cuore la presa di Genova, e desideroso essendo egli medesimo di acquistar gloria in quella ossidione, instava presso Carlo Emanuele affinchè sollecitasse i soccorsi.


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Balilla
La cacciata degli austriaci da Genova (1746)
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1865 pagine 131

   





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