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      In quella notte giunsero avvisi sicuri che un corpo di soldati austriaci si era mosso da Mantova; e sotto il comando del generale Nugent correva a marcia precipitosa sovra Brescia.
      In fatto, all'alba del 26 marzo, una colonna di mille uomini con due cannoni sboccò a Montechiaro, e di là trasse a corsa verso Rezzato. Quivi, dopo breve avvisaglia coi disertori e gli altri insorti sui colli, sostò per aspettare rinforzi da Verona, ed a concedere un poco di respiro ai soldati affranti dalla marcia.
      Il Comitato di difesa, d'accordo col Municipio, spediva come parlamentario a Nugent il capo-medico militare, dottor Lowestein, per saperne le intenzioni. Quel generale con modi villani licenziava il povero medico, dicendogli che per trattare con lui dovesse la città mandare una deputazione di cittadini. Non perchè si credesse che vi fosse qualche probabilità di convenire coll'Austriaco, ma per non lasciar nulla d'intentato che potesse risparmiare l'effusione del sangue, veniva mandata una deputazione di tre distinti e benemeriti cittadini, fra cui Pallavicini e Rossa, ai quali si aggiungeva il medico militare suddetto. Questi presentatisi al generale, lo stesso intimava loro che Brescia dovesse distruggere tosto le barricate, deporre le armi ed arrendersi a discrezione. Diceva voler entrare per amore o per forza, dare tempo quattr'ore a rispondere, intanto per misericordia avrebbe frenato i soldati, e comandato silenzio ai cannoni.
      La Commissione riportò al Comitato l'arrogante proposta e le superbe minacce del Nugent.


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Il martirio di Brescia.
Narrazione documentata
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1863 pagine 125

   





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