Ad un giorno glorioso ne succedeva un altro più glorioso ancora; e ciò che prima a molti era sembrato un prodigio di valore e di fortuna, dopo la doppia prova del dì 26 e del dì 27 a tutti cominciava a parere cosa naturale.
La mattina del 28 marzo arrivava un altro convoglio di fucili e, secondo il solita, una folla di popolo accorreva al Comitato per aspirare al possesso di quegl'istromenti tanto desiderati; per cui in un momento venivano distribuiti. Ma troppo scarso ne era ancora il numero al confronto di quelli che li ricercavano, e molti perciò si allontanavano dolenti per non aver potuto raggiungere la meta dei loro ardenti desideri.
Il Comitato di difesa, che mulinava come mettere in pensiero la guarnigione del castello, affinchè più non potesse fulminare la città, faceva un'eletta schiera de' più esperti bersaglieri, e, armatili di stutzen, li appostava in sull'alba del giorno nel pendìo dei Ronchi, e sulla torre del popolo, a cui quasi non partiva colpo, che non atterrasse in sugli spalti del castello o sentinella, o cannoniere. Ne infuriava il Leshke; e mentre faceva in fretta in fretta lavorare i parapetti, che mettessero i suoi al coperto, minacciava nuovamente delle sue bombe la città.
Dalla parte di sant'Eufemia i nemici procedevano frattanto rimessamente. Appena si vedevano venire con ogni cautela drappelli di Croati verso le mura, i quali ritraevansi alle prime fucilate, poi riapparivano di nuovo, e di nuovo andavano in volta. Ciò scorgendo, i nostri opinarono che gli Austriaci si ritirassero; e per conseguenza nacque tosto in loro il pensiero d'inseguirli.
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