Dopo tali gesta, piombarono sulla cittā. Intrepidi i Bresciani difendevano le serraglie; e nč le bombe del castello, nč il cannoneggiamento al di fuori, nč la fitta moschetteria bastarono ad atterrire quegli intrepidi petti, dai quali scoppiavano di tratto in tratto le grida di Viva l'Italia! Soltanto la morte costringeva quei prodi a cedere il posto, il quale veniva tosto rimpiazzato da altri; giacchč tutti gareggiavano nello spingersi avanti per essere a migliore portata di offendere il nemico. Un intrepido cittadino, fra le palle nemiche, osava salire sui cancelli di ferro della porta e piantarvi una bandiera nazionale.
Il conflitto durō sino a sera, e sebbene guaste in ispecialitā dalle palle de' cannoni, nessuna serraglia fu abbandonata. Il nemico si ritirō di nuovo a santa Eufemia, idrofobo per non aver potuto sfogare la sua rabbia sui cittadini, come aveva fatto sui loro averi.
In quel giorno altre nuove fallaci giungevano del campo. Lettere da Crema e da Lodi recavano essersi dopo le due infelici battaglie di Mortara e Novara, combattuto di nuovo il 26 lungo la Sesia coll'ultimo esterminio dell'intera vanguardia austriaca; avere il maresciallo toccata tale una rotta da dover d'un tratto, come Melas, dopo la battaglia di Marengo, cedere tutta la Lombardia. I corrispondenti, uomini autorevoli e credibili, allegavano in prova di quelle notizie essere venuti in gran diligenza ordini che i prigionieri fatti sui Piemontesi a Mortara, e sino dal 22 avviati per a Pavia e Cremona verso Mantova, retrocedessero per essere restituiti al vincitore, e averne essi giā veduti gli effetti; aver letto coi loro occhi il bando stampato dal generale, Chzarnowski ove celebrava le vittorie italiane e l'armistizio vendicatore delle vergogne di Vigevano e di Novara.
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