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      Allorchè giunse a riferire le superbe parole dell'Austriaco e le due ore concedute, perchè Brescia si risolvesse a darsi vinta per paura, dall'innumerevole folla levossi un grido formidabile: Guerra! vogliamo guerra! libertà o morte. Era il mezzogiorno. Dato il voto, il popolo tacque e si sciolse; sicché in pochi minuti la piazza rimase muta e deserta. Correvano gli uomini pei loro quartieri e alle case a prendere le armi, ad afforzare le barricate, a mettere gl'infermi ed i bambini in salvo nelle cantine, e a dare gli ultimi baci e gli ultimi consigli alle donne; le quali, lodando la difesa, e non mostrandosi punto smarrite per la gravezza del pericolo, animosamente apprestavano le armi virili e le proprie: cartuccie, sassi, tegole, acqua bollente. Anzi molte ne furono viste armate e succinte correre alle mura ed alle serraglie: "e due sorelle fra le altre, fanciulle entrambe, e di vita e di casa onorate, le quali a vederle muovevano pianto d'orgoglio e di tenerezza, e più che di guerriere rendevano immagine di martiri cristiane(12)." Così confortandosi ed ammirandosi l'un l'altro, e i propri dolori dimenticando per consolare i dolori fraterni, passarono i cittadini due ore sublimi, respirando un'atmosfera di sacrificio e d'amore; sicchè furono allora fatte molte paci, e spenti e perdonati molti odi antichi, come se quella fosse una comune preparazione ad una santa morte. Allo scoccare delle due tutte le campane della città, come se fossero siate mosse da un solo uomo, e tocche da uno stesso martello, cominciarono a suonare a stormo.


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Il martirio di Brescia.
Narrazione documentata
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1863 pagine 125

   





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