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      Trascorrendo e passando di casa in casa, uscivano a tergo o in sui fianchi delle serraglie meno munite, e mostrandosi improvvisamente alle finestre e di mezzo agli incendi, confondevano ogni ordine della difesa cittadina.
      A stravolger le menti ed agghiacciar nelle vene il sangue, cosė il Correnti nella sua terribile narrazione, s'aggiungeva la vista delle orribili enormezze, a cui o ebbri, o comandati, per natura stolidamente feroci gl'Imperiali trascorsero: cose che escono dai confini non pur del credibile, ma dell'immaginabile. Perchč non solo inferocirono contro gl'inermi, le donne, i fanciulli e gli infermi, ma raffinarono per modo gli strazii, che ben si parve come le umane belve anche in ferocia passino ogni animale.
      Le membra dilacerate delle vittime scagliavano gių dalle finestre e contro le barricate, come si getta ai cani l'avanzo di un pasto. Teste di teneri fanciulli divelte dal busto e braccia di donne e carni umane abbrustolate cadevano in mezzo alle schiere bresciane, a cui allora parvero misericordiose le bombe. E sopratutto piacevansi i cannibali imperiali nelle convulsioni atrocissime dei morti per arsura; onde, immollati i prigioni con acqua ragia, li incendiavano; e spesso obbligavano le donne de' martoriati ad assistere a siffatta festa; ovvero, per pigliarsi giuoco del nobile sangue bresciano sė ribollente alle magnanime ire, legati strettamente gli uomini, davanti agli occhi loro vituperavano e scannavano le mogli ed i figliuoli. E alcuna volta (Dio ci perdoni se serbiamo memoria dell'orribil fatto) si sforzavano di far inghiottire ai malvivi le sbranate viscere dei loro diletti.


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Il martirio di Brescia.
Narrazione documentata
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1863 pagine 125

   





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