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      Mentre così la folla si diradava, parte correndo alle carceri, e parte traendo di nuovo alle serraglie per ringagliardire la difesa, il Municipio, nel timore che la moltitudine, cieca di ira e di giusto dolore, non incrudelisse contro sè stessa, accettò, anco dietro consiglio del prete Mor, l'offerta che gli fece il Padre Maurizio, priore de' Riformati, di interporsi paciere appo la Jena. Il valent'uomo ben sapeva come la cocolla non fosse obice troppo sicuro contro i Croati, tuttavolta si mise animosamente per la via del turrito covo, accompagnato da un altro frate, e preceduto da un tal Marchesini, mirabile popolano a cui l'amore di patria in quel dì supremo ispirò eloquenza di tribuno e coraggio di martire.
      Più fiate venne inceppato il cammino al vessillo bianco dai soldati, che non volevano saperne di dar quartiere, e dai cittadini che non volevano nè impetrarlo, nè accettarlo. Pure al fine, dopo lungo rigirarsi e pregare riuscirono i messi al castello.
      Il Padre Maurizio con quella autorità che gli concedeva di prendere la riputazione di eloquenza e di bontà in cui era tenuto da tutti, venuto innanzi all'Haynau, fece ogni prova per cavarne pronta e benigna risposta, e gli consegnò una lettera degli uffiziali austriaci prigionieri di guerra in Brescia, i quali pregavano il tenente-maresciallo a ricordarsi in che mani fossero, e per che cagione; e un foglio in cui il Municipio, significando che la città sarebbesi senz'altro contrasto rassegnata alla forza, chiedeva a quali patti si potesse cessare il macello.


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Il martirio di Brescia.
Narrazione documentata
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1863 pagine 125

   





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