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Fra un popolo di cotanto eroismo, come quello di cui abbiamo narrato le gesta, non mancarono uomini vili, che cercarono di disonorarlo col mostrare al mondo come esso si trovasse pentito della fatta rivoluzione e che a questa fosse stato travolto soltanto da pochi pazzi, andando, dietro proposta del famigerato Zambelli, in commissione a Vienna per impetrar grazia dall'Imperatore. I Bresciani non potendo protestare altamente contro l'illegale atto, vollero gli emigrati della vinta ma non doma città, residenti in Isvizzera, pubblicare lo scritto, che qui riportiamo, il quale fa conoscere come la sventura non aveva potuto avvilire i petti bresciani.
PROTESTA.
..... l'8 giugno 1849.
Perchè una Commissione rappresenti legalmente ed equamente una nazione, in ispecial modo quando si tratta del suo onore, non solo deve averne da essa il mandato, ma deve inoltre essere coscienziosamente persuasa che il di lei voto è quello della massa, giacchè senza il primo requisito, la Commissione sarebbe illegale nella sua rappresentanza, senza il secondo, il di lei operato sarebbe iniquo. Ora la Commissione, composta dei cittadini bresciani Giovanni Zambelli, Faustino Feroldi e Camillo Palusella, partita da Brescia per Vienna a riconoscere l'imperatore fanciullo Francesco Giuseppe I, ed impetrar grazia da lui per averlo offeso colla rivoluzione, mancherebbe di entrambi questi requisiti, e perciò la si dichiara illegale ed iniqua.
È illegale, perchè, non solo la Congregazione provinciale che la nominò, dietro proposta del famigerato austriacizzante Zambelli, non poteva avere, nè aveva facoltà di rappresentare il principio nazionale, perchè affatto indipendente dalle mansioni relative alla sua istituzione, ma perchè ancora i pusillanimi cittadini che componevano quella Congregazione non potevano emettere un libero voto sotto la diretta influenza delle baionette austriache, pronte a ferire ove diversamente si fossero espressi.
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