La disumazione fu principiata in castello il 19 marzo nella cannoniera sotto il torrione così detto dei Francesi. Vi si rinvennero quattro cadaveri barbaramente fracellato il cranio da gravi pietre scagliate loro prima ancora che la terra ne li coprisse. L'una di quelle vittime sembra non spirasse che a quest'ultimo colpo di tedesca rabbia, perchè ci apparvero spalancate le mascelle e schiacciata la fronte sotto il largo sasso. Il poveretto, nelle prime esultanze della rivolta, poneva all'abito bottoni dorati del 1797 recanti il moto Guardia Nazionale Bresciana, e quel moto fors'anche gli costò la vita.
Il giorno appresso venivano dissepolte l'orsa dei fucilati lungo gli spaldi del Ravarotto. In quattro fosse, così com'erano rimescolati alla rinfusa, e nelle strane guise in cui giacquero, buttativi dentro dall'ira croata, emersero le reliquie di trentadue cadaveri: nè fu cuore dei presenti a quell'orrida scena, che non fremesse di sdegno e di pietà. - Era austriaca sepoltura.
Per quanto difficile riuscisse alla Commissione discernere ed appartare gli scheletri, una scarpa ed una fibula da prete additarono quello di Andrea Gabetti, come una suola di femminile calzatura e l'ossa delle pelvi designavano i resti d'una donna massacrata coi dodici che nel tumulo rasente alla cinta di S. Giulia furono rinvenuti. Nessun indizio positivo distingueva del resto di tanto salme, quella di Francesco Canobio, mitissima ed innocente creatura; di Pietro Venturini, che terrore de' suoi carnefici, moriva imprecando alla tedesca immanità; di Cesare Nullo, che ferito com'era, fu colà trascinato perchè le palle nemiche troncassero nel fiore delle speranze una giovane vita.
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