- Errore grandissimo e fatalissimo.
Nulladimeno, in mezzo a quella fiacchezza, parecchi, che l'adorazione d'Italia spingeva innanzi, partirono. Non avevano uniformitā d'armi, nč di reggimento. Erano centoventinove, animosi giovani appartenenti a povere, agiate o nobili famiglie, i quali, sapendo come il debito d'ogni Lombardo non fosse interamente saldato sulle cittadine barricate, senza provvedimenti, senza vesti di ricambio, col solo moschetto dei cinque giorni, spensieratamente, ma colla esaltazione dell'eroismo, seguivano Luciano Manara, il quale, pel primo, dava esempi di abnegazione, lasciando la moglie, i figliuoli, le abitudini di lusso, tutto, per seguire gli impulsi dei suo cuore, e concorrere alla conquista della patria indipendenza, o morire.
Ma se que' che in Milano rimasero al timone degli affari, si mostrarono fiacchi non all'altezza del cómpito che pių che il merito, il caso aveva loro affidato, non dormivano le genti italiane.
Da ogni cittā, da ogni borgo, da ogni villaggio, all'annuncio della sollevazione di Milano, sorgevano giovani volontari, i quali correvano sui campi lombardi per combattere le onorate battaglie del fraterno riscatto. Mancava in essi il freno della disciplina; non l'impeto. Fra gli uomini si notavano parecchie donne, a cui la debilitā del sesso, la nessuna abitudine ai forti esercizi non erano impedimento all'impugnare le armi, ai disagi delle marce, alle privazioni d'ogni maniera(1). Non mancavano sacerdoti, i quali, in nome di Cristo liberatore dei popoli, si erano fatti guidatori di squadre.
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