Anco il suo stato maggiore, fatta una eccezione, quella del generale conte Franzini, non era da più del supremo capitano. Affinchè i nostri lettori possano convincersi come le sorti della guerra fossero in cattive mani, diremo che il capo di stato maggiore, il conte Carlo Canera di Salasco, era un gentiluomo di camera, di nobile prosapia, d'indole timida e servile e di scarso ingegno. Egli spingeva la devozione verso la persona del re sino all'estremo; perfin nel campo si credeva in obbligo di continuare l'incarico di ciambellano, e sempre lo segui come l'ombra sua sia a piedi che a cavallo. Parte della notte passava in veglia per redigere que' bollettini che tutti hanno letto e prescrivere gli ordinamenti dell'esercito. Travagliato dalla propria coscienza, egli non cessava dal chiedere al suo principe lo dispensasse da cure, che domandavano altre teste che non fosse la sua. Carlo Alberto non assentiva ai suoi desideri; e al cessare della prima campagna, cessava l'alta funzione con fama di pessimo strategico e colla fatalità d'aver dato il suo nome ad un armistizio coll'inimico, forse per la forza dei casi inevitabile, però inviso ad ogni generoso cuore italiano.
Il giorno cinque di aprile il quartiere generale era a Bozzolo. Una mano di arditissimi volontari, capitanata da Griffini, aveva occupato il passaggio del fiume Oglio e disfattone il ponte presso Marcaria. Verso sera fu spinto più innanzi un nodo di truppa regolare delle tre armi, che occupò una casipola isolata lungo la strada di Mantova.
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