La scelta del Fontana a capo di que' soldati fu ottima. Uomo di natura semplice, onesta, attivissima, egli aveva apprese le militari dottrine nel battaglione del duca di Modena, e desunte dal proprio cuore le politiche credenze. Il suo coraggio, la franchezza dei modi lo facevano stimare dai conterranei; il suo piglio soldatesco, le libere parole lo rendevano l'idolo delle schiere, che il governo provvisorio avevagli affidate. Consistevano queste in ottocento volontari, in duecentoventicinque soldati d'ordinanza, in trentacinque dragoni a cavallo ed in trenta cannonieri con tre pezzi d'artiglieria da campagna ed un obice. A cotale forza erano uniti cinquanta bersaglieri mantovani, guidati da Longoni, distinto ufficiale al servizio del Piemonte; fra que' bersaglieri erano i genovesi Nino Bixio e Goffredo Mameli. Saputosi come alcuni nodi di nemici ponessero a ruba ed a sacco il vasto paese, che era loro dato di campeggiare, alcuni fra i Modenesi, divorati dalla sete di combattere, chiesero a Fontana di poter volteggiare verso il forte, e ai predoni in cui s'imbattessero di far pagare caramente le loro ribalderie. Partirono quegli arditi in numero di trecento. Giunti a Castellaro vi si fortificarono, riconoscendo quel luogo importante per intercettare le comunicazioni di Mantova con Verona e Legnago. L'indomani a sera, avvertiti che due compagnie di cacciatori austriaci erano giunte a Castelbelforte, partirono in numero di duecento per tentare di sorprenderle e farle prigioniere.
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