Essi venivano côlti da un ben nutrito fuoco di moschetteria che li faceva indietreggiare. Un nostro tamburo, senz'ordine, cominciava a battere anch'egli la carica. Il Fontana gridava: Vittoria! Viva l'onore italiano! I soldati della libertà si aggruppavano in colonna e correvano sui passi dell'inimico, il quale, preso da tale sbigottimento, si dava a dirotta fuga. Erano allora le dieci. Inseguiti gli Austriaci per buon tratto, i nostri fecero qualche prigioniero ed ebbero per bottino un carro coperto con munizioni da guerra.
IV.
Dal lago di Garda alle alture tirolesi erano adunati cinquemila e più volontari lombardi, svizzeri e genovesi, i quali si avevano a comandante un colonnello federale, originario di Piemonte, per nome Allemandi. Le varie legioni erano capitanate dal Borra di Brescia, ufficiale del già esercito italiano, cui i molti anni non avevano punto scemate le forze fisiche e del cuore; dal Thannberg, giovine alsaziano arditissimo; dal Tibaldi di Cremona; dal Manara, dal Trotti, dall'Arcioni, dal Torres, dal Beretta, dall'Anfossi, dal Longhena, e da altri generosi figli d'Italia. I soldati, che a que' capi dovevano ubbidire, erano audaci tutti, ma mancavano di disciplina, di fermezza ne' propositi. Il governo, come accennammo, avevali quasi abbandonati, facendo loro mancare vesti, munizioni e vettovaglie. Tuttavia essi valorosamente combatterono alle Sarche, presso il castello di Toblino, ed inseguirono il nemico verso Trento sin oltre Vezzano. L'Allemandi, che vedeva quanto importante fosse di conservare i passi del Tirolo, sia per tagliare da quelle parti la ritirata agli Austriaci, sia per impedire che vi ricevesse nuovi rinforzi, chiedeva a Carlo Alberto quattro battaglioni di truppe regolari con quattro pezzi d'artiglieria.
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