Cresciuto l'animo nei civili, volevano esporsi ad una sortita che dalle autorità municipali e dall'arcivescovo non era assentita. Durante la notte i reggitori del paese, presi da paura, vilmente cedevano al nemico; e i cittadini, nel leggere, in sull'alba dell'indomani, affisso pei canti il turpe trattato, ad imprecare contro i traditori del paese, a sottrarre le armi e le robe alla cupidigia nemica, e a fuggire il loco natio per non cader vittime della vendetta dei fortunati.
Nugent non imitava punto la moderazione e la lentezza dei nostri generali. Esso opprimeva, taglieggiava, spandeva dappertutto il terrore, e proseguiva la sua corsa verso il Tagliamento. Il ponte era quivi troncato per un quarto della sua lunghezza; ma egli lo traghettava su piccole barche. I volontari della libertà e le scarse truppe, che difendevano la sponda, dopo breve resistenza si ritiravano, contando far mano non sulla Livenza, ma sulla Piave.
In Treviso si adunavano, oltre i volontari, un migliaio d'uomini di truppa regolare, e due legioni di egual numero, una delle quali comandata dal conte Livio Zambeccari, di Bologna. Poco lungi stavano i settemila pontifici e diecimila volontari di Roma, delle Marche, dell'Umbria, i primi guidati da Durando, da Ferrari i secondi.
Quelle schiere non potevano bastare ad infrenare i passi di Nugent, che, giunto d'improvviso a Conegliano, aveva spinti i suoi avamposti sulla riva sinistra del fiume. Soprammodo difficile è la difesa di una tal naturale barriera; impossibile quando si hanno di contro forze di molto superiori, e una lunga linea da sorvegliare.
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