Immaginò allora un'impresa arditissima, che, scambiando di un tratto le sorti della guerra, poteva rifarlo possessore di tutto il paese perduto. I rischi erano molti, siccome pur molte le probabilità di successo.
VII.
In sulla sera del 27 maggio, Radetzky partiva da Verona con 35,000 uomini, una numerosa artiglieria e un traino da ponte, dirigendosi per l'Isola della scala. L'indomani a quell'ora istessa giungeva in Mantova, ed accampavasi presso San Giorgio. Durante il giorno, da Nogara e da Castellaro disertarono dugento soldati italiani allo incirca. parte con armi, parte no, e venuti in Sustinente e in Governolo presso il maggiore Fontana, tuttora stanziante coi Modenesi sulla sinistra del Mincio e del Po, a lui rivelarono il disegno del Maresciallo, cioè di piombare sulla divisione toscana e sterminarla; passare sulla ripa diritta del Mincio e distruggervi i magazzini ed i ponti; sgominare sulla linea le schiere piemontesi, e ripresentarsi trionfante in Milano, di cui i retrivi gli aprirebbero le porte, profittando dello scompiglio generale; lo accertarono che presso Rivoli stava forte nerbo di soldati per correre su Peschiera e chiudere il grosso dell'esercito di Carlo Alberto tra l'Adige ed il Mincio.
Fontana, senza porre tempo di mezzo, avvertiva delle cose udite il generale Bava, che allora stanziava a Custoza, e il generale De-Laugier, il quale aveva il quartier generale alle Grazie, e in pari tempo chiedeva istruzioni all'uopo. La legione modenese, comechè di molto assottigliata dalle malattie, dalla svogliatezza, prodotta da perverse mene e dall'inazione, isolata com'era e con poca speranza d'aiuti, pur era decisa a combattere e a tener saldo a qualunque costo.
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