Per tre volte fu suonato a raccolta; indarno. Tutti fermi nel proposito di far vedere al nemico quanto valesse il braccio dei figli d'Italia, tutti volevano morire sul campo. Ma alla fine, pensando come fosse migliore serbarsi a successi più prosperi, frementi si ritiravano, lasciando sul suolo zuppo di sangue, lacere membra, morti molti e feriti, e molti prigionieri. E nella morte e nella prigionia non ismentirono il nome italiano. Tutti sino all'ultimo gridarono: Viva l'Italia. Molti di essi e per ingegno e per dottrina erano le più belle speranze della patria: v'erano avvocati, medici, professori, artisti, studenti, che formavano la parte più eletta delle città toscane. Morirono venticinque di Firenze, sei di Pistoia; altri di Livorno, di Pisa, di Lucca, di Montepulciano, di Massa, d'ogni terra: molti in battaglia, alcuni nella ritirata, altri nella prigionia; tutti fieri amatori della libertà della patria.
Accenniamo que' giovani immortali, che, come i trecento di Sparta, insegnarono ai superstiti che per vincere bisogna saper morire; li accenniamo per causa di venerazione, e per ricordare ai nuovi campioni il sangue che spetta le loro vendette. Che gl'Italiani si rendano degni di coloro che dai primi albori del nostro risorgimento, hanno con prove indefesse o continue preparato le vittorie della nostra libertà, che come gl'immortali di Dario hanno sempre presentato la stessa fronte al nemico, allora sì che il completo affrancamento della patria diverrà un fatto compiuto.
Leopoldo Pilla, professore dell'università di Pisa, nacque a Venafro, patria del celebre capitano Giambattista Della-Valle, primo scrittore italiano di fortificazione, il dì 20 ottobre del 1805.
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