Il Pilla, prima di lasciare Napoli, recossi dal ministro dell'Interno per ringraziarlo delle sue parole, e prendere congedo. Quegli, con modi del tutto sconci, osò dire al professore: Eh dovreste ricordarvi ch'io vi tolsi di mano il lavativo!
Non terremo presso alla vita del Pilla durante gli anni che fu professore a Pisa. Diremo come, quando i comizi scientifici italiani succedevansi di anno in anno, egli, che lieto vi vedeva il bene delle scienze, e lietissimo ne scorgeva le conseguenze morali e politiche della divisa Italia, non mancò di farvi risuonare la sua voce o mandarvi le sue scritture.
Sul cominciare del 1846 il ministero toscano, dov'erano ministri un Homburg e un Paucr, voleva aprire il passo a' Gesuiti, e si provava a stanziarvi le suore del Sacro Cuore, tenute come antiguardo della milizia gesuitica, e già raccettate dalla contessa Buturlin, sotto il gradito e onorevole nome di suore della Carità. Gli amici e protettori della Compagnia stimarono esser Pisa il primo asilo più acconcio; ma il popolo e l'Università se ne sdegnarono forte, sicchè ì professori sottoscrissero una dignitosa petizione, e fu tra essi il Pilla, comunque vi fossero stati negativi il Mori, i due Savi, il Padelletti e Del Padule.
Ma a' mali morali si aggiunsero quelli di natura, dacchè un'ora dopo il mezzodì del 15 di agosto di quello stesso anno una romba simile a quella di lontana bufera, annunziava un flagello che doveva contristare buona parte di Toscana. Succedeva un tremuoto, ch'empieva di terrore e di rovine quel tratto di paese, che si distende fra Orbetello, l'isola D'Elba, la Lunigiana e la montagna di San Marcello.
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