Il 22 marzo, Parra partì coi volontari, lasciando il suo grado di capitano per stringere un moschetto. Ma quelle milizie cittadine, per altrui colpa, tergiversavano nelle montagne di Lunigiana, e per incerti ordini; sicchè a lui che la causa italiana, non la municipale Toscana, era surto a difendere, parve quella un'angustissima sfera d'azione; e lasciando i compagni corse ai campi di Lombardia col fratello Antonio, con Luigi Fantoni e Giovanni Frassi. E annoverato nella colonna dell'Arcioni volò verso il Tirolo, ove prima pareva doversi incontrare il nemico.
Ma volto appena verso Rezzato, la malattia di suo fratello lo costringeva a tornare in Brescia, per deciderlo a riprendere la via di Toscana, e provvedere sotto il patrio cielo alle cure di mal ferma salute. I due fratelli si separarono, e fu straziante l'addio, come se un mesto presentimento dicesse loro, non doversi rivedere mai più. Intanto la legione toscana aveva passato il Po, e stava a campo sotto Mantova; talchè si prevedeva da tutti, avrebbe essa avuto luogo a sostenere ardue e luminose fazioni di guerra. Parra allora, in compagnia di Giuseppe Montanelli, volle tornare fra' suoi, dai quali soltanto lo aveva diviso il pensiero, che potessero non esser serbati alla gloria della battaglia.
Giunse al campo di Curtatone, dov'era stanziato il battaglione pisano; e benchè non iscritto a nessuna compagnia, divise la dura vita e le costrizioni morali che alle anime generose sono il più duro sacrificio, poichè per esse è momento di festa quello nel quale ferve più accesa la mischia.
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