Come quella del Buonfanti, ignorasi ove giaccia la sua salma.
Giuseppe Ginnasi, volontario, nato a Imola nel 1827. Nel 1848 trovavasi all'università di Pisa; e allo scoppiar della guerra di Lombardia muoveva col battaglione dei suoi condiscepoli, e si trovò alla mischia il giorno 29. Quando vide che già da qualche ora combattevasi e il suo battaglione rimaneva inoperoso, corse dove il pericolo era maggiore, cioè ai posti avanzati della sinistra, ove era una mano di Napoletani sotto gli ordini del tenente Fonseca. Combattè da prode, quantunque la natura non lo avesse fornito di grande coraggio: ma lo incitavano il sentimento, il dovere, l'amor della patria e il farsi degno della mano di una carissima vergine. - Colà una scheggia di granata lo ferì primamente alla fronte, e tosto che l'ufficiale ebbelo con una pezzuola medicato alla meglio, ritornò al fuoco. Altri, dopo la ferita, avrebbe stimato terminare il proprio ufficio: non così il Ginnasi. Anzi pieno d'ira nel veder morto il fratello della sua sposa, il suo maestro, l'amico, uno dei più splendidi intelletti d'Italia, raddoppiò di valore. Ma ecco cominciava la ritirata, rimanevano soli quei pochi, nè il tenente voleva abbandonare il posto. Si ripararono poi dietro una casa, e di là continuarono a far fuoco, caricando i moschetti sotto le scale, quando una palla di stutzen colpì nel petto il Ginnasi e lo gittò sul terreno. Nè fu possibile raccoglierlo, imperocchè, incalzati vieppiù, si ebbero gli altri a ridurre in una casa ed abbarrarla: donde udirono i lamenti del povero moribondo che diceva ripetutamente: "Ungheresi, uccidetemi.
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