Quivi egli riceveva una staffetta di Vienna, in cui gli veniva ordinato di abbandonare immediatamente l'Italia e di portarsi a grandi giornate sulla capitale dell'impero per far salvo colle truppe a lui pił fide il governo in preda alla rivoluzione trionfante. Fidente nella propria energia e sulla disciplinatezza delle schiere, egli volle innanzi tentare un colpo in Italia. Mandava in Verona 5, o 6,000 uomini, per ingannare i nostri sulle sue vere intenzioni, e decideva impadronirsi di Vicenza nel doppio scopo di rialzare il morale delle truppe alquanto abbattute dalla disfatta di Goito, e di avere nelle mani la chiave delle strade che hanno il loro sbocco verso la Germania. Il Durando, cui era nota la discesa del corpo di Welden dal Tirolo, nell'udire la novella dell'approssimarsi di Radetzky, impauriva e decideva di parare a Venezia. Ma, bentosto corse al suo orecchio la voce, che l'oste nemica era stata battuta a Sanguinetto dai Piemontesi e questi rincorrerla oltre l'Adige per isterminarla. Ond'ei si rimaneva, e scriveva al quartier generale del Re dell'imminente attacco che avrebbe sostenuto, del buono spirito delle sue truppe e del patriottico ardore de' Vicentini; e conchiudeva che per le munizioni di guerra e di bocca poteva calcolare sulla difesa di otto giorni. Cotesto annuncio giungeva l'undecimo del giugno nel campo; e immediatamente veniva ordinato alle nostre divisioni si apparecchiassero per trovarsi dopo due giorni presso Villafranca, per marciare su Verona e sulla linea dell'Adige, lasciata quasi scoperta.
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