Ma gl'intoppi al conseguimento dell'impresa furono tali e tanti per contrarietà di destino, che allorquando l'esercito giunse sotto Verona, Vicenza era stata espugnata, e il Maresciallo colle vittoriose sue schiere trovavasi già nel forte.
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Il generale d'Aspre all'alba del dì 8 giugno passava il Bacchiglione, rompeva la ferrovia, ed accampavasi all'est della città; il generale Wratislaw stabilivasi al sud, alle falde dei colli Berici; e l'indomani il generale Welden giungeva per quella strada e compiva lo accerchiamento. Le forze di cui disponevano que' generali sommavano a 43,000 uomini e a centodieciotto pezzi d'artiglieria. Il Durando, con 10,000 de' suoi e quaranta cannoni, non dubitò punto a resistere, e, a vero dire, con senno attivò le sue linee di difesa.
Egli si affrettava a premunire i colli con tre mila uomini scelti tra le migliori sue schiere, affidandone il comando al colonnello Enrico Cialdini, intelligente e valorosissimo soldato venuto allora di Spagna; con lui era altresì il cavaliere Massimo d'Azeglio, colonnello e capo di stato maggiore del generale. Collocava due battaglioni a sinistra sulla via di Verona. Ed il resto delle sue forze lo distribuiva ne' sobborghi e presso le porte. Le serraglie erano sui monti, nel piano, nelle interne vie.
Ai primi chiarori del giorno 10 vennero assaliti i monti Berici da numerose colonne nemiche: l'attacco era validamente sostenuto; accanita la disparata lotta. I nostri con grande valore combattevano e cadevano; il terreno non ceduto neppure d'una linea; le artiglierie, bravamente dirette, facevano scempio delle torme croate.
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