La lentezza della marcia delle truppe regie verso Verona, la perdita di un tempo prezioso in Villafranca per farle passare in rassegna da re Carlo Alberto, la ruinosa pioggia che, sfondando le strade, impedì alle artiglierie di muovere dal loro posto, fornirono intoppi al buon esito dell'impresa. Durante il tragitto di Villafranca ad Alpo, il principe conobbe la disfatta e la capitolazione di Vicenza. Nella sera del giorno 13 seppe pure che nel mattino era giunto in Verona il maresciallo con 8,000 uomini e che nell'atto stesso erano esciti di quel forte 4,000 soldati per rimontare la riva sinistra dell'Adige. Cotali misure rendevano inutili le disposizioni prese, e consigliavano a retrocedere. Ma un veronese, giunto al quartier generale, recava l'annuncio che sei o settecento cittadini eransi determinati a far nascere un interno subbuglio, malgrado la presenza del Radetzky e de' suoi rinforzi, ove i Piemontesi si presentassero in buon numero verso le mura; il segno del convenuto avviso da parte nostra doveva essere un falò in Villafranca. Il Re aderiva a quelle speranze, e dava le disposizioni necessarie per l'attacco dell'indomani. Il comandante la piazza del luogo, ove l'indizio fissato doveva attuarsi, nol consentì; perchè, nel nostro campo tutto facevasi a caso, senza puntualità, nè ubbidienza agli ordini emanati. Convenne avvertire la divisione del duca di Savoia, che nella notte aveva occupato Tomba, di sgomberare il paese per Ca di Rupi, Castel d'Azzano, Forette e Isolalta.
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