Otto giorni più tardi, tremila e cinquecento Austriaci, discesi dai colli di Ferrara, assalirono, alla prima luce, di sorpresa, un battaglione della brigata Pinerolo, cui erasi aggiunta la compagnia dei bersaglieri universitari torinesi. Ma i nostri, annoiati di far fuoco coi moschetti e colle carabine, gridando Viva Italia! furono loro addosso impetuosamente. Gli Austriaci indietreggiarono; e cacciatisi entro un cimitero, fulminarono i nostri dal muro di cinta. Gli studenti, con quell'avventatezza propria alla gioventù, che sfida ogni più grave pericolo, li scacciarono anche di là, costringendoli a fuga dirotta. Dei nostri morirono gli studenti Sarchieri, Longoni e Rogiapane.
Infrattanto la unione della Lombardia col Piemonte era compiuta. A' dì 13 giugno veniva pattuito il testo della convenzione tra il governo provvisorio e il governo del Re. Due giorni appresso, il ministro Ricci proponeva l'atto politico al Parlamento, dicendo esser quello "l'instaurazione d'una nazionalità lungamente conculcata dagli uomini e dalla fortuna." Alla immediata fusione nessun altro patto ponevasi, tranne il convocamento di un'assemblea costituente per tutto lo Stato sulle basi del suffragio universale, la quale discutesse e stabilisse le basi e le forme di una nuova monarchia costituzionale colla dinastia di Savoia.
In quel torno le mura di Palmanova si aprivano senza breccia agli Austriaci. La difendeva, come dicemmo, il barone Carlo Zucchi, quegli cui Napoleone nella campagna di Sassonia affidava i perigliosi onori dell'avanguardo e del retroguardo, e che nel 1831 era alla testa degli animosi amici della patria.
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