I carreggi di pane, incamminati verso i magazzini del Mincio, tronche le tirelle a' cavalli, in balìa de' primi occupanti. Gli abitatori delle campagne ragunavano le loro robe, e cacciando disperate grida, quasi quello fosse l'ultimo giorno della loro vita, riparavano in tutta fretta in più sicuro paese. I più tristi intra essi, che preferivano il servaggio straniero, gittarono ne' pozzi la secchia e la corda, perchè i nostri, affamati, cadessero anche per sete. L'esercito, che da quattro dì marciava, combatteva e mancava regolarmente di viveri, dimentico della disciplina sino allora tenuta, discioglievasi in parte, seguendo i feriti e i bagagli diretti per Bozzolo, e in parte trasmodava in maggiore delitto, dacchè molti capi erano minacciati della vita come ostacolo alla fuga. Parecchi soldati dopo breve convulsione morirono di stenti sui canti delle strade. Le case erano chiuse o vuote di abitatori; o, se pur questi vi si trovavano, erano affranti a tal segno dallo schianto dell'anima a non essere capaci di aiuto veruno. Oltre a ciò le provvigioni di bocca insufficienti al numero degli sbandati, che arrogantemente ne chiedevano in folla pel forte istinto della propria conservazione. Il tumulto, il disordine di quel giorno nefasto non escirà mai dalla memoria di chi ne fu testimonio.
In que' casi estremi, Carlo Alberto pensò d'inviare il cavaliere Bes al campo inimico per proporre una sospensione d'armi al Radetzky, mercè la sua ritirata oltre l'Oglio. Alle cinque della sera venne la risposta che i Regi si ritirassero al dì là dell'Adda, consegnando Venezia, Peschiera, Bocca d'Anfo, i due Ducati e la più gran parte degli ufficiali austriaci caduti prigioni.
| |
Mincio Bozzolo Carlo Alberto Bes Radetzky Oglio Regi Adda Venezia Peschiera Bocca Anfo Ducati
|