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      In quegli estremi pericoli a certuno l'alacrità del popolo sembrava delitto; l'abbarrare delle vie, un insulto fatto a' soldati del Re e un dannoso ingombro all'azione; la irrequietezza dei molti, una minaccia repubblicana. Le voci erano troppe; soverchia la confusione; la diffidenza scambievole tra i popolani ed i Regi, la quale più e più si accrebbe ne' primi, allorchè videro accorrere questi precipitosi in Milano, dopo la toccata disfatta.
      Gravi considerazioni occupavano Carlo Alberto. A lui non rimanevano che i 24,000 uomini sfiniti dal manco di riposo e dalla scarsezza de' viveri. Radetzky poteva danneggiare fortemente il paese colle sue bombe; e, irritato nel suo amor proprio pe' patiti insulti, porlo a fuoco a sangue ed a ruba. Poteva costringere lui a cedere le armi dopo un disperato ed infelice combattimento, ed a rendersi prigioniero col pugno de' bravi che l'amica sorte gli risparmiasse.
      Siffatti pensieri lo indussero a ragunare in consiglio i suoi generali per conoscere il loro avviso su ciò che si dovesse operare in tanta avversità di fortuna. Calcolata la impossibilità di una lunga ed onorata difesa, ne venne la inevitabile sentenza di entrare in comunicazione col Maresciallo e pattuire seco lui da resa della città. Erano presenti alla redazione ed alla lettura de' patti varie autorità militari e civili lombardi. Il Rastelli protestò in modo assai energico. Il podestà non era l'uomo dai disperati consigli; epperciò rifiutava i nobili, ammirevoli, pur vani disegni offerti dal Rastelli ed ostinavasi a salvare il paese dall'eccidio e dalla ruina.


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I toscani a Curtatone e a Montanara (1848)
Notizie storiche
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1863 pagine 145

   





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