La Principessa stava zitta, volgendo il capo dalla parte dell'ombra, cogli occhi chiusi, e non si muoveva per dissimulare certi lagrimoni grossi e lucenti che scorrevano e scorrevano per le guance. Allorché il giovane se ne accorse ne fu sorpreso: era la prima volta che la vedeva piangere. - Cos'hai? - domandava. Ella non rispondeva, o diceva - nulla! - con voce soffocata; - diceva sempre così, ch'era poco espansiva, e aveva superbiette da bambina. - Pensi a quell'altro? - domandò Paolo per la prima volta. - Sì! - accennò ella col capo, - sì - ed era vero. Allora si mise a singhiozzare.
L'altro! voleva dire il passato: voleva dire i bei giorni di sole e d'allegria, la primavera della giovinezza, il suo povero affetto destinato a strascinarsi così, da un Paolo all'altro, senza pianger troppo quand'era gaio; voleva dire il presente che se ne andava, quel giovane che oramai faceva parte del suo cuore e della sua carne, e che sarebbe divenuto un estraneo anche lui, fra un mese, fra un anno o due.
Paolo in quel momento ruminava forse vagamente i medesimi pensieri e non ebbe il coraggio di aprir bocca. Soltanto l'abbracciò stretto stretto e si mise a piangere anche lui. - Avevano cominciato per ridere.
- Mi lasci? - balbettò la Principessa. - Chi te l'ha detto? - Nessuno, lo so, lo indovino. Partirai? - Ei chinò il capo. Ella lo fissò ancora un istante cogli occhi pieni di lagrime, poi si voltò in là, e pianse cheta cheta.
Allora, forse perché non avea la testa a casa, o il cuore troppo grosso, ricominciò a vaneggiare, e gli raccontò quel che gli aveva sempre nascosto per timidità o per amor proprio; gli disse com'era andata con quell'altro.
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