Infine, per le persone che non vi permetterebbero di aprir bocca, fosse per dire una sciocchezza, senza provare qualche cosa, questo racconto potrebbe provare e spiegare molte cose, le quali si lasciano in bianco apposta, perché ciascuno vi trovi quello che vi cerca.
Narro la storia ora che i personaggi di essa sono tutti in salvo dalle indiscrete ricerche dei curiosi; poiché dei tre personaggi - è una storia a tre personaggi, come le storie perfette, e di tutti e tre avete già indovinato l'azione, per poco pratica che abbiate di queste cose - lui è al Cairo, o lì presso, a dirigere non so che lavori ferroviari; lei è morta, poveretta! e l'altro in certo modo è morto anche lui, si è trasformato, ha preso moglie, non si rammenta più di nulla, e non si riconoscerebbe più nemmeno dinanzi ad uno specchio di dieci anni addietro, se non fossero certi calabroni petulanti e ronzanti attorno a sua moglie, che gli mettono lo specchio sotto il naso, e somigliano così a lui quand'era petulante e ronzante anch'esso, da fargli montare la mosca al naso. Insomma, tre personaggi comodissimi che non contano più, che non esistono quasi - potete anche immaginare che non siano mai esistiti.
Lui e l'altro erano due buoni e bravi ragazzi, due anime gemelle, amici fin dall'infanzia, Oreste e Pilade dell'Amministrazione ferroviaria. Lui era ingegnere, l'altro disegnatore; abitavano nella medesima casa, e andavano sempre insieme, ciò che li avea fatti soprannominare i Fratelli Siamesi; si vedevano tutti i giorni all'ufficio dalle nove del mattino alle cinque della sera.
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