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      Corsi avea tutto indovinato dal nuovo contegno della moglie e dell'amico, oppure Lina gli avea tutto raccontato? L'ultima volta che Donati andò da lei, pel suo onomastico, la trovò che era sola in casa. Lina si fece di bracia e represse a stento un movimento di sorpresa. Donati non sapeva trovare il verso del pelo del suo cappello, né le prime frasi di un discorso che andasse.
      Ella stava sul canapè, in gran cerimonia, sì da far venire la voglia al disgraziato visitatore d'andarsene dalla finestra. La visita durò dieci minuti. Mentre scendeva le scale l'ex-Polluce mormorava con voce soffocata nella gola: - È finita! è finita! -
      D'allora in poi non ebbe più il coraggio di picchiare a quell'uscio. Veniva a casa mogio mogio, il più tardi che poteva, guardando furtivamente quella finestra rischiarata che gli rammentava le sere gioconde passate accanto al fuoco, col cuore e i piedi caldi, e affrettava il passo sul ripiano della scala. Giammai le sue modeste stanzucce non gli erano sembrate più silenziose, più fredde, e più melanconiche; adesso il povero romito ci stava il meno che potesse. Stando fuori, fece come aveva fatto Corsi, conobbe un'altra Lina.
      Venuto il settembre, Corsi avea sloggiato senza nemmen dirgli addio, e non s'erano più visti. Lina era stata inferma, e gravemente: Donati l'aveva saputo molto tempo dopo. Gli avevano detto che la malattia l'avea cambiata di molto; ei ci aveva pensato spesso, avea avuto spesso dinanzi agli occhi quel profilo delicato e pallido, e quegli occhi febbrili, come una trafitta, come un rimorso; ma non avrebbe immaginato mai l'impressione che dovevano fare su di lui quel viso e quell'occhiata furtiva la prima volta che, andando colla sua fidanzata, incontrò Lina.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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