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      Sognai tutta la notte, senza chiudere gli occhi, quel viso che non conoscevo; sentivami in cuore un solco luminoso lasciatovi da quello sguardo; l'impossibilità di rintracciarla dava all'apparizione di quella sconosciuta un prestigio di cosa straordinaria; nel sorriso di lei io poteva immaginare un poema d'amore, che riceveva tutto l'interesse dall'essere troncato sul fiore e per sempre. Per sempre! non è parola che scuote maggiormente l'animo umano? Io prolungai quel sogno per tutto il giorno. Sembravami che ci fosse qualche cosa di nuovo in me, e che avessi ricevuto il sacramento di una perdita immensa. Quando la mia immaginazione si stancò di vagare nelle azzurre immensità dell'ignoto, per una reazione naturale del pensiero, io guardai con sorpresa nel mio cuore, e domandai a me stesso, se mi fossi innamorato di quel pezzettino di raso nero che nascondeva un viso sconosciuto.
      Lo sguardo di quell'incognita mi aveva messo il cuore in sussulto mentre davo il braccio ad un'altra donna che un tempo avevo amato come un pazzo, e che in quel momento istesso si esponeva al più grave pericolo per me. Io maledivo l'ostinazione di cotesto affetto che mi impediva di correre dietro alla sconosciuta con tutto l'egoismo che c'è in un altro amore.
      Per due o tre giorni cercai ansiosamente quell'amante che non conoscevo, e sentivo che il rivederla mi avrebbe tolto qualche cosa di Lei. La rividi in Galleria, la riconobbi a quello sguardo e a quel sorriso che mi dicevano: “Son io, mi ravvisi?”. Mi sentivo spinto fatalmente verso di lei, e venti volte fui sul punto di prenderle la mano al cospetto delle persone che l'accompagnavano.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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