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      La baronessa, agghiacciata dal terrore fra le coltri, vide il marito slanciarsi dietro il fantasma colla spada in pugno, e saltare dalla finestra sul ballatoio. Egli correva come un forsennato, seguito da Bruno, inseguendo il fantasma che fuggiva come un uccello, sull'orlo del parapetto rovinato; entrambi, coi capelli irti sul capo, videro al certo, non fu illusione, la bianca figura arrampicarsi leggermente pei sassi che sporgevano ancora dalla cortina, al posto dov'era stata la scala, e sparire nel buio.
      - Per la Madonna dell'Ognina! - esclamò il barone dopo alcuni istanti di stupore, - lo toccherò colla mia spada, o che si prenda l'anima mia, s'è il Diavolo in carne ed ossa! -
      Don Garzia non credeva né a Dio né al Diavolo, sebbene li rispettasse entrambi; ma senza saper perché si ricordò delle parole dettegli da donna Isabella la mattina, e fremette.
      Donna Isabella non gli avea fatto la più semplice domanda, o si spaventasse a farla, o la credesse inutile. Il barone del resto era di tale umore da non permetterne talune. L'indomani però dissegli risolutamente che non intendeva dormire più oltre in quella camera.
      - Aspettate ancora stanotte, - rispose il marito, - farò buona guardia io stesso, e se domani non riderete delle vostre paure, vi lascerò padrona di far quel che meglio vorrete -.
      Ella non osò aggiunger verbo, soltanto qualche momento dopo gli domandò:
      - Di che malattia è morta la vostra prima moglie, messere? -
      Ei la guardò bieco, e rispose:
      - Di mal caduco, madonna.
      - Io non avrò cotesto male, vi prometto!


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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