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      - disse ella con strano accento.
      Don Garzia, insieme a tutti i vizi del soldato di ventura e del gentiluomo-brigante, ne avea la sola virtù: una bravura a tutta prova. Egli fece quel che non osava più fare Bruno, il terribile Bruno, e per cui era mezzo morto anche il Rosso, giovanotto ardito se mai ce ne fossero; e passò tre notti di seguito nel corridoio, senza batter ciglio, senza muoversi più che non si muovesse il pilastro al quale stava appoggiato, colla mano sull'elsa della spada e l'orecchio teso: il vento sbatteva le imposte della finestra ch'era stata lasciata aperta per ordine suo, i gufi svolazzavano sul ballatoio, i pipistrelli s'inseguivano stridendo per l'andito; il lume della lampada riverberavasi pel vano dell'arco della sala delle guardie e sembrava vacillante; ma del resto tutto era queto, e don Garzia sarebbesi stancato di passar le notti in sentinella, come un uomo d'armi, se il ricordo di quel che avea visto coi propri occhi non fosse stato ancora profondamente impresso nella sua mente, e se una parola della moglie non gli avesse messo in corpo una di quelle preoccupazioni che non lasciano più dormire né lo spirito né il corpo, uno di quei dubbi che imperiosamente domandano uno schiarimento; la sua coscienza dormiva ancora, ma le sue reminiscenze, talune circostanze lasciate passare inosservate, si svegliavano ad un tratto, gli si rizzavano dinanzi in forma di tal sospetto, che don Garzia, zotico, brutale, dispotico signore, scettico e superstizioso ad un tempo, ma in fondo sinceramente barone, vale a dire ossequioso al re, e alla Chiesa, che lo facevano quello che egli era, se ne sentiva padroneggiato, e provava il bisogno di scioglierlo colla persuasione, o colla spada.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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