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      - Santo diavolone! - esclamò, - se non avete visto bene, non vi lascierò gli occhi per piangere! a voi e a tutto il vostro parentado!
      - Non son usa a piangere! - rispose Santa, - non ho pianto nemmeno quando ho visto con questi occhi Turiddu della gnà Nunzia entrare di notte in casa di vostra moglie.
      - Va bene, - rispose compare Alfio, - grazie tante -.
      Turiddu, adesso che era tornato il gatto, non bazzicava più di giorno per la stradicciuola, e smaltiva l'uggia all'osteria, cogli amici. La vigilia di Pasqua avevano sul desco un piatto di salsiccia. Come entrò compare Alfio, soltanto dal modo in cui gli piantò gli occhi addosso, Turiddu comprese che era venuto per quell'affare e posò la forchetta sul piatto.
      - Avete comandi da darmi, compare Alfio? - gli disse.
      - Nessuna preghiera, compare Turiddu, era un pezzo che non vi vedevo, e voleva parlarvi di quella cosa che sapete voi -.
      Turiddu da prima gli aveva presentato un bicchiere, ma compare Alfio lo scansò colla mano. Allora Turiddu si alzò e gli disse:
      - Son qui, compar Alfio -.
      Il carrettiere gli buttò le braccia al collo.
      - Se domattina volete venire nei fichidindia della Canziria potremo parlare di quell'affare, compare.
      - Aspettatemi sullo stradone allo spuntar del sole, e ci andremo insieme -.
      Con queste parole si scambiarono il bacio della sfida. Turiddu strinse fra i denti l'orecchio del carrettiere, e così gli fece promessa solenne di non mancare.
      Gli amici avevano lasciato la salsiccia zitti zitti, e accompagnarono Turiddu sino a casa.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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