Lo zio Giovanni la trovò ritta sull'uscio.
Ella si era alzata udendo dei passi nella viottola, perché non aspettava più nessuno.
- Che fai costà! - le domandò lo zio Giovanni. Ella si strinse nelle spalle, e non rispose.
Il vecchio si assise accanto a lei, sulla soglia, e non aggiunse altro.
- Zio Giovanni, - disse la ragazza dopo un lungo silenzio, - adesso non ho più nessuno, e posso andar lontano a cercar lavoro; partirò per la Roccella, ove dura ancora la raccolta delle olive, e al ritorno vi restituirò i denari che ci avete imprestati.
- Io non sono venuto a domandarteli i tuoi denari! - le rispose burbero lo zio Giovanni.
Ella non disse altro, ed entrambi rimasero zitti ad ascoltare l'assiolo che cantava. Nedda pensò che era forse quello stesso di due sere innanzi, e sentì gonfiarsi il cuore.
- E del lavoro ne hai? - domandò finalmente lo zio Giovanni.
- No, ma qualche anima caritatevole troverò, che me ne darà.
- Ho sentito dire che ad Aci Catena pagano le donne abili per incartare le arance in ragione di una lira al giorno, senza minestra, e ho subito pensato a te; tu hai già fatto quel mestiere nello scorso marzo, e devi esser pratica. Vuoi andare?
- Magari!
- Bisognerebbe trovarsi domani all'alba al giardino del Merlo, all'angolo della scorciatoia che conduce a Sant'Anna.
- Posso anche partire stanotte. La mia povera mamma non ha voluto costarmi molti giorni di riposo.
- Sai dove andare?
- Sì, poi mi informerò.
- Domanderai all'oste che sta sulla strada maestra di Valverde, al di là del castagneto ch'è sulla sinistra della via.
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