- oppure, guardando le sue due buone braccia: - Benedetto il Signore che me le ha date! - e tirava via sorridendo.
Una sera - aveva spento da poco il lume - udì nella viottola una nota voce che cantava a squarciagola, e con la melanconica cadenza orientale delle canzoni contadinesche: Picca cci voli ca la vaju' a viju. A la mi' amanti di l'arma mia!...
- È Janu! - disse sottovoce, mentre il cuore le balzava dal petto come un uccello spaventato, e cacciò la testa fra le coltri.
E il domani, quando aprì la finestra, vide Janu col suo bel vestito nuovo di fustagno, nelle cui tasche cercavano entrare per forza le sue grosse mani nere e incallite al lavoro, con un bel fazzoletto di seta nuova fiammante che faceva capolino con civetteria dalla scarsella del farsetto, il quale si godeva il bel sole d'aprile appoggiato al muricciolo dell'orto.
- Oh, Janu! - diss'ella, come se non ne sapesse proprio nulla.
- Salutamu! - esclamò il giovane col suo più grosso sorriso.
- O che fai qui?
- Torno dalla Piana -.
La fanciulla sorrise, e guardò le lodole che saltellavano ancora sul verde per l'ora mattutina.
- Sei tornato colle lodole.
- Le lodole vanno dove trovano il miglio, ed io dove c'è del pane.
- O come?
- Il padrone m'ha licenziato.
- O perché?
- Perché avevo preso le febbri laggiù, e non potevo più lavorare che tre giorni per settimana.
- Si vede, povero Janu!
- Maledetta Piana! - imprecò Janu stendendo il braccio verso la pianura.
- Sai, la mamma!... - disse Nedda.
- Me l'ha detto lo zio Giovanni -.
Ella non aggiunse altro, e guardò l'orticello al di là del muricciolo.
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