La domenica poi tutta la brigata si metteva in cammino per vie diverse.
Janu e Nedda avevano preso le scorciatoie, e andavano attraverso il castagneto chiacchierando, ridendo, cantando a riprese, e facendo risuonare nelle tasche i grossi soldoni. Il sole era caldo come in giugno; i prati lontani cominciavano ad ingiallire, le ombre degli alberi avevano qualche cosa di festevole, e l'erba che vi cresceva era ancora verde e rugiadosa.
Verso il mezzogiorno sedettero al rezzo, per mangiare il loro pan nero e le loro cipolle bianche. Janu aveva anche del vino, del buon vino di Mascali che regalava a Nedda senza risparmio, e la povera ragazza, la quale non c'era avvezza, si sentiva la lingua grossa, e la testa assai pesante. Di tratto in tratto si guardavano e ridevano senza saper perché.
- Se fossimo marito e moglie si potrebbe tutti i giorni mangiare il pane e bere il vino insieme; - disse Janu con la bocca piena, e Nedda chinò gli occhi, perché egli la guardava in un certo modo.
Regnava il profondo silenzio del meriggio; le più piccole foglie erano immobili; le ombre erano rade; c'era per l'aria una calma, un tepore, un ronzio di insetti che pesava voluttuosamente sulle palpebre. Ad un tratto una corrente d'aria fresca, che veniva dal mare, fece sussurrare le cime più alte de' castagni.
- L'annata sarà buona pel povero e pel ricco, - disse Janu, - e se Dio vuole alla messe un po' di quattrini metterò da banda... e se tu mi volessi bene!... - e le porse il fiasco.
- No, non voglio più bere.
| |
Nedda Mascali Nedda Janu Nedda Janu Dio
|